Dottoressa in Congo: “Qui anemia nei bimbi è normalità non malattia misteriosa”

Congo, malattia misteriosa
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Forse in Europa c’è un allarmismo eccessivo rispetto a quello che sta accadendo in una regione sperduta in mezzo al Paese, aspettiamo che l’Oms analizzi i campioni di sangue dei casi. Qui c’è una rete sanitaria, noi riferiamo le nostre attività al governo, ma dobbiamo anche capire che i laboratori non hanno le attrezzature e il personale che abbiamo noi occidentali. L’esperienza nel tempo di permanenza qui è che spesso ci sono capitati dei decessi ‘misteriosi’, ma non si va molto oltre perché non si sono le possibilità

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La malattia misteriosa che sta causando tanti contagi e decessi in Congo “non ci spaventa più di tanto, le notizie che arrivano dalla provincia di Kwango” dove sono stati registrati i focolai “sono poche e non precise e quando mi confronto con i colleghi congolesi anche loro ne sanno poco. Qui i bambini già muoiono di anemia“, uno dei sintomi riscontrati nei pazienti pediatrici colpiti in Congo, “io mi confronto tutti i giorni con queste situazioni. Ora con la stagione delle piogge ci aspettiamo tanti casi di malaria. L’anemia e il mal di testa nei bambini non sono un quadro allarmate qui in Congo, ma la quotidianità“. A parlare al telefono con l’Adnkronos Salute dal Congo è Teodora Chiocci, 24 anni, medico cooperante in Congo per Amka, un’organizzazione umanitaria impegnata da anni nel Paese africano e in Guatemala.

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Amka “lavora in Congo da più di vent’anni – racconta Chiocci – Siamo nella regione del Katanga che è lontana da quella che oggi ha registrato i casi di malattia misteriosa. Siamo nella zona rurale attorno a Lubumbashi, seconda città del Congo, e Amka opera in ambito sanitario, di educazione e in alcune attività produttive. Abbiamo un centro salute che offre aiuto alla popolazione nei villaggi attorno alla città, quindi affrontiamo tante malattie infettive: malaria, tifo, colera, c’è stata una epidemia in estate, e poi anche polmonite e raffreddori. Adesso è iniziata la stagione delle piogge ed è quella in cui si alza il picco delle malattie, aumentano i casi di malaria perché si indebolisce anche il sistema immunitario dei più fragili e noi lo vediamo nei centri di salute dove i pazienti raddoppiano“.

In Congo – ricorda la dottoressa – c’è un sistema sanitario, ma spesso pochi possono andare in ospedale perché comunque le cure si pagano, quindi i centri di salute sono un punto di riferimento per le comunità. Puntiamo sulla salute materno-infantile, abbiamo un progetto importante sulla malnutrizione“.

Sulla malattia misteriosa, che ha come sintomi l’anemia e un quadro simil-influenzale, e che sta spaventando fuori dal Congo, “la popolazione locale non se sa quasi nulla, soprattutto in un contesto rurale“, prosegue la giovane dottoressa. “In città c’è qualche notizia, ma c’è poco interesse e le informazioni vengono trasmesse con una certa difficoltà, parliamo di un Paese immenso“, aggiunge. “Forse in Europa c’è un allarmismo eccessivo rispetto a quello che sta accadendo in una regione sperduta in mezzo al Congo, aspettiamo che l’Oms analizzi i campioni di sangue dei casi. Qui c’è una rete sanitaria, noi riferiamo le nostre attività al governo, ma dobbiamo anche capire che i laboratori non hanno le attrezzature e il personale che abbiamo noi occidentali – precisa Chiocci – L’esperienza nel tempo di permanenza qui è che spesso ci sono capitati dei decessi ‘misteriosi’, ma non si va molto oltre perché non si sono le possibilità“.

Fresca di laurea all’Università Sapienza, Teodora ha messo in stand-by la specializzazione e si è buttata a capofitto e con passione nel lavoro di medico in Congo. “Ho iniziato a venire qui pochi mesi all’anno, ma ho scoperto che è quello che voglio fare – dice – Mi sono laureata quest’estate e visto sono un anno avanti, ho fatto la ‘primina’, ho deciso di fare volontariato con Amka perché mi piace come lavorano. Voglio fare il medico cooperante, ma comunque proseguire con la specializzazione in Italia perché sono innamorata della nostra sanità pubblica. Il nostro Servizio sanitario nazionale è la cosa più bella dell’Italia e ci credo molto. Il sogno – conclude – è di fare il chirurgo generale perché ho capito che in posti come il Congo, difficili e martoriati dalle guerre, è quello che serve per aiutare la popolazione“. (Adnkronos Salute)

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